19 maggio 2015
ToyLikeMe, e le bambole fanno la... diversitá
Si può fare integrazione anche con i giocattoli? Direi proprio di si. Effettivamente i giocattoli non rappresentano la diversità: soprattutto le bambole, che da sempre restituiscono un'immagine di esteriorità perfetta che nella realtà non esiste. E se i giocattoli sono il mezzo principale con cui i bambini si rapportano al mondo e attraverso i quali imparano a simulare le relazioni sociali degli adulti, allora pare sensato iniziare a cambiare qualcosa. Deve essere stata questa la spinta che ha portato un gruppo di genitori di bimbi con disabilità a lanciare su Facebook la campagna #ToyLikeMe (letteralmente: giocattolo come me), per combattere gli stereotipi presenti anche nel mondo dei giocattoli. Da qui è nata la collaborazione con l'azienda inglese Makies, che ha già presentato una serie di bambole con qualche "difetto": c'è quella con l'apparecchio acustico, quella con la vitiligine sul viso, un'altra con le stampelle... E' stata anticipata la prossima uscita anche di quella in sedia a rotelle. Le "Makies", in versione sia femminile che maschile, sono personalizzabili su richiesta ed è possibile addirittura disegnare la propria usando l'applicazione in 3D del sito. Sono tutte corredate da numerosi accessori a parte. Il costo va dalle 80 alle 100 sterline circa.
7 maggio 2015
Il diritto di decidere per sé stessi
Vita indipendente, una cosa scontata per tutti meno che per le persone disabili. Ma cosa significa “vita indipendente” per una persona disabile? Significa poter gestire la propria esistenza soddisfacendo tutti i bisogni necessari alla realizzazione di quella dignitá umana di cui tutti normalmente usufruiscono.
Nel nostro Paese la legislazione vigente in materia, o meglio la sua applicazione, fallisce di fronte alla concretizzazione di questo fondamentale diritto. La libertà di scegliere come gestire la propria vita é una prerogativa imprescindibile dell'essere umano. Eppure allo stato attuale, chi ha un handicap non può realmente goderne. Infatti, oltre a subire una disabilitá generata dalla mancanza di accessibilità dei luoghi, viene “castrato” anche da uno Stato che sceglie per lui persino quegli aspetti considerati strettamente personali per chiunque altro. E che si avvale di persone che non conoscono affatto il problema. Le istituzioni “prendono in carico” e si pongono come “assistenti” dispensando una forma assistenziale definita illogicamente “diretta” quando in realtà finisce per compiere un lungo e depauperante percorso prima di arrivare, ridotta ad una manciata di ore, al diretto interessato. La stessa definizione utilizzata sulla carta, “Progetto di Vita”, suona inadeguata se rapportata a ciò che si verifica realmente.
A questa “assistenza diretta” si affianca il fantasma dell’assistenza “indiretta” (per logica i due termini andrebbero invertiti, ma la logica di questo Stato e' di altro mondo), introdotta dalla Legge 162/98 con l’idea di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone disabili. Con questa inizia finalmente a farsi strada la figura dell’assistente “personale” (e non più “domiciliare”) assunto direttamente dall’interessato e con l’aiuto del quale quest’ultimo dovrebbe poter gestire la sua vita in base alle reali necessitá. Peccato che di fatto, in moltissime regioni e comuni italiani i servizi non siano in grado di rispondere a questi bisogni: nella loro erogazione ridotta ai minimi termini si compromette e vanifica il nobile fine di questa legge. La condizione di vita delle persone disabili resta un problema nazionale urgentissimo. In particolare, chi vive con un handicap motorio grave ha un carico enorme in più da subire e cosí i suoi familiari. C’é da dire che parlare di vita indipendente per chi si muove su una sedia a rotelle e deve scontrarsi con le barriere architettoniche presenti ovunque, diventa un controsenso. É per questa ragione che, laddove pare arduo risolvere nel breve termine un problema imponente come l’abbattimento massiccio di queste ultime, diventa necessaria una riorganizzazione funzionale che restituisca dignità a questa grossa fetta di popolazione. Determinanti sono l’impegno e la ferma volontà dello Stato nel far applicare e rispettare le leggi prodotte, altrimenti queste restano solo delle “buone intenzioni” con cui lastricare quel famoso, proverbiale “inferno”.
(C. Orecchini, articolo pubblicato sul mensile ViaVai)
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