13 maggio 2020

Didattica a distanza, troppo distante dagli alunni disabili




La didattica a distanza, per quanto sia stata ed è ancora una necessità emergenziale, ha messo in evidenza tante carenze.
Sicuramente gli insegnanti vanno apprezzati per essersi attivati in poco tempo cercando di tamponare l’inaspettata lacuna causata dal coronavirus, ma i feedback di questa esperienza non sono proprio esaltanti. Non è facile gestire la didattica quotidiana attraverso lo schermo di un computer, coinvolgere gli studenti nelle lezioni e far mantenere loro l’attenzione sugli argomenti trattati. E’ tutta un’altra storia, non c’è più la classe, non c’è il contatto fisico, lo scambio diretto,  il confronto vero. Manca l’anima della scuola.

E se le difficoltà possono esserci per ragazzi che non hanno alcun deficit, immaginiamo quali problemi stiano affrontando gli alunni che hanno delle disabilità, e le loro famiglie. Pensiamo a quei genitori che devono farsi in quattro e compensare pure la figura del docente di sostegno che, in una didattica a distanza, non trova più spazio di azione perché viene a mancare la necessaria sinergia con l’alunno e con la classe.
E pensiamo alle famiglie che non hanno ausili informatici adeguati o che non hanno l’abilità o l’istruzione per aiutare il figlio a usarli adeguatamente.
E che dire della connessione che è spesso un terno al lotto?

Ci sarebbero tanti aspetti da evidenziare, ma mi coglie una certa stanchezza di parole…
In questo contesto, tristemente, si delinea ancor di più la fragilità degli studenti disabili, ostaggi di una realtà che non riesce a trovare soluzioni intelligenti per integrarli con dignità, e di fronte a un'emergenza come quella del covid19, tutto si intoppa impietosamente.

Eppure la didattica a distanza dovrebbe essere stata presa in considerazione molto tempo prima di questa emergenza, perché era già utilizzabile nei casi di alunni con patologie  gravi. Insomma, questa strategia d’emergenza sarebbe dovuta essere più “smart” e su misura di quello che sta mostrando durante la pandemia.
Cambierà qualcosa dopo questa enorme prova che ci ha travolti tutti? Mah.
Io penso che "il mondo dei disabili" - così come amano chiamarlo soprattutto i politici - ne uscirà ancora più sconquassato, impoverito, sfiancato dalla fatica di esistere.

In questo periodo pensavo che, intanto, questa "distanza" che toglie il cuore alla didattica potrebbe essere compensata dai docenti "bucando" lo schermo con un surplus di espressioni di sentimento, di calore, di gioia... insomma trasmettendo molto di più proprio per la mancanza di fisicità. Un po' come fanno gli attori, che riescono a emozionare e a coinvolgere gli spettatori attraverso lo schermo.  E' il cuore, oggi, che deve venire fuori da quello schermo.
E' il cuore che, in mancanza di altro, bisogna far sentire fortemente a chi è più fragile. Mille volte di più.

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