2 aprile 2016

La giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo



L’attenzione oggi è sull’autismo, una giornata dedicata alla “consapevolezza”. Che parola immensa...
Consapevolezza per una disabilità definita “strana”, diversa nella diversità, considerata ancora insondabile nonostante la ricerca abbia fatto passi avanti, soprattutto a livello diagnostico. Qualcosa di cui si parla poco e in maniera spesso non adeguata. 
In un Paese che è già carente di risorse verso le persone con disabilità, il vuoto intorno all’autismo si fa più grande e quell’impreparazione diffusa che penalizza il settore assistenziale qui diventa incapacità assoluta di prendersi carico delle persone autistiche. Da qui, una valanga di mancanze che iniziano dall’accesso all’istruzione fino al mondo del lavoro e all’inclusione sociale. 
Non vivo personalmente l’esperienza di un figlio con questa malattia, ma ciò non diminuisce la profonda empatia e comprensione che sento per tale condizione: in qualche modo siamo uniti nella vitale necessità di affermare una consapevole integrazione e il riconoscimento di uno status che ha bisogno di supporto concreto e congruo da parte delle istituzioni. 
Ma il primo fatale errore compiuto da queste ultime e dalla società intera è quello di soffermarsi sempre a sottolineare i deficit causati dalla patologia e mai vengano riconosciute le risorse, i talenti, le peculiarità che ciascuna persona con disabilità ha in serbo dentro di sé. La disabilità non è solo patologia e problemi, ma anche e soprattutto vita umana. Una vita che, seppur destinata a convivere con dei gravi limiti, ha un’altra faccia della medaglia che può sorprendere per sensibilità inaspettate: nel caso dello spettro autistico sono note le spiccate abilità artistiche o visive, tanto per fare un esempio. E vale per qualsiasi tipo di disabilità, dove la Natura toglie da una parte e dona, per compensazione, dall'altra. Allora, certamente spazio alla ricerca per una diagnosi sempre più precoce e un miglioramento della qualità di vita, ma parallelamente bisogna concentrare l'attenzione sulla conoscenza della persona e non soltanto del “problema”. A partire dalla scuola, che per responsabilità educativa è seconda soltanto alla famiglia. Ed è il luogo dove si accende la prima fiammella di integrazione. Quell’integrazione che si potrebbe attuare attraverso un lavoro sinergico tra docenti, genitori, operatori, assistenti competenti, compagni... col supporto sempre presente delle istituzioni.
Dove il collante non può essere altro che un mix di responsabilità, consapevolezza, rispetto per l’umanità di ciascuno,  tempo da donare e voglia di conoscere e capire.

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