Primo giorno di scuola superiore.
In classe, tutti scelgono il loro posto nei banchi. Tutti eccetto il ragazzo sulla sedia a rotelle. Il banco standard non può andar bene per lui, è troppo basso per consentire di poter infilare sotto le gambe, così rimane ad ascoltare il discorso della coordinatrice di classe, in un angolo accanto alla finestra. In una mezz'ora circa di "messaggio di benvenuto", dove ci voleva un pizzico di terrorismo del tipo: "Mettetevi sotto, qua sarà molto dura, bocciamo parecchio", la professoressa si gira solo una volta in direzione del ragazzo. Lui è nervoso, in quella postazione si sente ancora più osservato. La gamba gli trema, a causa di un clono, un fastidio legato alla spasticità muscolare. Il discorso termina, la mamma fa subito presente il problema del banco e inizia il primo tafferuglio. I bidelli si mettono alla ricerca di qualcosa di alternativo: trovano un tavolo più largo e più alto del normale e pensano di piazzarlo accanto alla finestra. La mamma propone una sistemazione più funzionale, accanto ad una presa elettrica utile per la carica del computer con il quale suo figlio lavora. "Signora, ci lasci lavorare!", le dice visibilmente scocciata la referente per l'handicap, che nel frattempo cerca di risolvere velocemente la questione. Alla faccia della tanto decantata collaborazione. La mamma cerca di far capire che vuole solo aiutarli a far conoscere meglio le esigenze del figlio e a far risparmiare tempo, ma lo sguardo di cartapesta della signora la fa desistere. Esce fuori a cercare l'assistente specialistico, ma non riuscirà ad incontrarlo mai nell'arco di circa due ore di tentativi. Si presenta intanto l'insegnante di sostegno: una ragazza molto gentile, esile e timida che fa subito presenti le nove ore assegnate al ragazzo (un'ora e mezza circa al giorno, su sei ore di lezione..).
Prima di andare via, un ultimo contatto con i bidelli. Sembrano molto disponibili, le dicono di essere tutti specializzati per le emergenze fisiche.
Al ritorno a casa, alle tre passate del pomeriggio, il ragazzo non vuole parlare, non ha voglia di raccontare. Ripete solo: "Non ci voglio andare più, non posso farcela".
Non è nemmeno andato in bagno. Record di sette ore, si vergognava di chiedere e nessuno ha pensato di dargli delle indicazioni su come fare.
Si scoprirà più tardi, solo prima di andare a dormire, che la professoressa coordinatrice, oltre al discorso condito di parole "rassicuranti", ha pensato giustamente di far sentire quel suo nuovo alunno, un perfetto "diverso". Come? Basta semplicemente dire: "Io non so cosa devo fare, dimmelo tu, io non ho mai avuto un ragazzo come te". Ma si può, dico, si può..?
Un'insegnante non dovrebbe essere una sorta di condottiero, non dovrebbe infondere sicurezza ai suoi ragazzi?
Un'insegnante non dovrebbe sapere che una simile frase ti possa far sentire un alieno?
"..Un ragazzo come te.."
Come te, cosa? Sulla sedia a rotelle?
E se il ragazzo avesse risposto: "Anche io non ho mai avuto un'insegnante come lei. Come? Con una voce così sgradevole e terribilmente indelicata. Ah, lo sa che lei mi sta discriminando? Legge 67/06. Non la conosce? La impari, professoressa. Chi ha l'animo attento al prossimo non ne avrebbe nemmeno bisogno, ma lei probabilmente si.. "
Intanto il fardello di un primo giorno di scuola, che avrebbe dovuto essere entusiasmante, pesa sul cuore di questo ragazzo e di sua madre. Ma di chi è il fallimento? Di una scuola costruita solo sulle parole? Dell'insensibilità e della mancanza di rispetto? Della disorganizzazione mentale e pratica? Dell'ignoranza?
... Un piccolo miracolo salva la serata, una piccola luce, un lampo di genio: "Hai visto che, quando ti hanno sostituito il banco, la ragazza dietro a te voleva sedertisi accanto?" -
"Ma dai, mamma.." - "Si, non te ne sei accorto?".
Un bellissimo sorriso liberatorio cancella il velo di tristezza che lo aveva accompagnato tutto il pomeriggio. E lo ha fatto parlare, raccontare la "sua" prima giornata di scuola...
Ci vuole così poco, a quell'età. Basta un pò di complicità, di attenzione umana, di spazio nel proprio cuore.
Ecco, questo è il resoconto del primo giorno di scuola superiore di mio figlio, alleggerito di qualche particolare. Una storia come tante altre, purtroppo. Nell'ansiosa attesa di un GLH.
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