28 luglio 2011

Federazioni e Movimenti a tutela dei disabili: toc-toc, cosa state facendo?



Quello che vedo non mi piace. Quello che vivo è demoralizzante. Ogni giorno devo trovare nuova forza per motivare ciò che faccio e non mi basta rassicurarmi, pensando che l'importante sia dare serenità a chi amo. I miei sforzi hanno il limite di queste quattro mura e la realtà fuori da qui è totalmente diversa. Mio figlio non è un cittadino comune, dove questo aggettivo ha un significato positivo, ma è stato "sistemato" sin dalla nascita in una categoria ben precisa, dai confini delineati quel tanto che la tenga a distanza di sicurezza dagli altri: i disabili.
Non mi sto piangendo addosso, anzi, sono semplicemente lucida. E non ipocrita.
Voglio tirare delle somme:
1) Abbiamo delle ottime Leggi che tutelano le persone con disabilità, in quanto soggetti più deboli rispetto alla comunità, vedi la Legge 104/92 o la 67/06, solo per citarne alcune;
2) Abbiamo una Costituzione che sancisce dei diritti indiscutibili ed eterni;
3) Abbiamo una Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia;
4) Abbiamo una Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità
5) Abbiamo delle Federazioni di categoria, come la Fish e la Fand che dovrebbero tutelarci;
6) Abbiamo il MID, Movimento Italiano Disabili, un partito a tutti gli effetti.

Ho citato alcuni tra gli elementi più rilevanti, tralasciando ad esempio la miriade di associazioni locali che, pur svolgendo un faticoso lavoro e costanti battaglie, non hanno gran voce in capitolo, ai fini di un cambiamento della situazione attuale.
Il punto è: se abbiamo gli strumenti per una piena realizzazione di quella vita dignitosa che spetta di diritto anche alle persone disabili, o con disabilità, o diversamente abili, o diversabili, fate un pò voi che avete messo delle inutili etichette, perchè allora questa garanzia è costantemente a rischio?
Mi soffermo su una notizia della Fish, riguardante il Disegno di Legge (Senato 2594) Bevilacqua e Gentile, contro il quale in tanti abbiamo risposto (vedi iniziativa di Sostegno.org) e che sembrava essersi eclissato. Invece eccolo rispuntare più forte di prima, pronto ad iniziare l'iter parlamentare. E' sotto diverse spoglie, con firmatari diversi (Onorevole Dima/PdL e altri), ma sempre lo stesso. Continuano le ipotesi sulle motivazioni che aleggiano dietro a tanta insistenza nel voler portare avanti un progetto, dal quale non emerge nulla di buono ai fini dell'inclusione scolastica. La Fish comunica che presenterà un propria proposta "che non è certo una controproposta" al citato disegno di legge. Io credo, e non sono la sola, che invece debba esserci una posizione più ferma e netta da parte sia della Fish, che degli altri organi di categoria più rilevanti che ci rappresentano. Non può esserci un botta e risposta laddove un progetto non meriti alcun confronto, ma solo una bocciatura senza appello.
E invece chiacchiere e ancora chiacchiere. Dov'è la forza di questa nostra categoria?
Noi non ci sentiamo difesi e rispettati.
Le Leggi che ci tutelano non sono prese in considerazione dai parlamentari, figuriamoci da chi dovrebbe applicarle. Ergo, è come se non esistessero. E' un dato di fatto. Eppure la risposta a tutti questi minestroni, risiede proprio in quelle Leggi...
Cari nostri rappresentanti, forse non fate abbastanza, forse vi perdete dietro ai machiavellici ragionamenti di personaggi senza una vera competenza in materia... Ma voi ce l'avete...
Fate qualcosa perchè si riprenda la strada semplice, logica e corretta...

(immagine da: levanteonline.it)

27 luglio 2011

Stop ai falsi competenti, le proposte sull'handicap devono essere fatte da chi lo vive



Spunto di riflessione, una lettera scritta da un docente di sostegno su OrizzonteScuola.
La lettera è evidentemente rivolta al discusso rapporto, edito da Erickson e promosso da Associazione Treelle, Fondazione Agnelli e Caritas, che avrebbe il presuntuoso intento di risolvere i problemi legati all'integrazione scolastica degli alunni disabili, sottovalutando ed eliminando nella sostanza, la figura dell'insegnante di sostegno.
Cito testualmente un paio di brani specifici e significativi:
"... Apprendere che autorevoli associazioni, fondazioni ed enti caritativi formulano a tavolino giudizi sul lavoro altrui fa venire il mal di pancia...[..] Noi, insegnanti di sostegno, chiediamo a gran voce che eventuali studi, ricerche e proposte sul tema dell'handicap vengano fatte da chi la disabilità la vive tutti i giorni: partendo dalle famiglie, dalla scuola e dal mondo del lavoro. Solo ascoltando i diretti interessati si potranno trovare, un giorno, le giuste soluzioni alle delicatissime problematiche dell'handicap".
Nulla di più vero! In un momento storico in cui tutti si mescolano a tutto e dove si perde il valore della specializzazione, della conoscenza e della competenza, nulla di più vero!
Ci uniamo a questo coro di voci e gridiamo basta ai "rapporti", alle proposte di legge, agli interventi e ai giudizi, a tutto ciò che non venga da chi abbia la piena conoscenza della materia. E questa si può avere solo con l'esperienza quotidiana sul campo! Non c'è altra scelta, non può funzionare bene, diversamente. E chi effettua materialmente il "rodaggio" di Leggi, Decreti e Circolari Ministeriali varie? Chi testa ogni giorno l'efficacia dell'impalcatura costruita per rendere accessibile la scuola alle persone con disabilità? Non sono forse le famiglie degli alunni stessi e non è il personale docente, soprattutto quello qualificato per il sostegno?
Siamo noi genitori in primis a fare il collaudo e dovremmo essere noi gli interpellati, prima di qualsiasi manovra o progetto. O meglio, il progetto di legge od eventuali modifiche, dovrebbero essere fatti esclusivamente dopo aver ascoltato le proposte dei diretti interessati.
Solo su questa base si può costruire qualcosa di utile e risolutivo.
E invece ci lasciano quaggiù, ad aspettare il prossimo personaggio che, senza provare nemmeno lontanamente ad avvicinarsi alla comprensione del "vivere da disabile", partorisca l'ennesima idea catastrofica o provi con tutte le forze a minare le uniche conquiste fatte da trent'anni a questa parte.
Se chi è preposto a legiferare ci ascoltasse, saprebbe che nessuna proposta è più lontana dalla soluzione, di questi recenti interventi, manovra economica compresa: gli alunni disabili hanno bisogno di avere insegnanti specializzati e competenti, con alle spalle corposi percorsi di studio e tanta esperienza. Hanno bisogno che venga rispettato il rapporto alunno/insegnante 1:1, che ne garantisca la qualità. Hanno bisogno che l'iter di riconoscimento della patologia sia serio ed approfondito, al fine di un progetto di vita più mirato. Non ci servono sportelli speciali o consulenti tecnici fuori campo. Non possiamo permetterci esperimenti vaghi e perdite di tempo.
E a chi ha il coraggio di lanciare ridicole illazioni su ipotetici "falsi alunni invalidi", rispondo che forse è il caso di fare un'indagine sui "falsi competenti" in materia di disabilità.
Serietà e rispetto per favore, rispetto per dei ragazzi che lottano per un diritto che per altri è assolutamente scontato: l'ISTRUZIONE.

(immagine estratta da il fattoquotidiano.it)


18 luglio 2011

Storie di ordinaria discriminazione: scuola domiciliare, dopo il danno anche la beffa



Vi racconto una storia pesante, fatta di malattia e di disabilità. Una storia così assurda da poter sembrare incredibile a chi vive in una realtà lontana da queste cose. Purtroppo, all'ordine del giorno per chi invece conosce il significato della parola "disabilità".

Certi eventi appaiono ancor più terribili e ingiusti quando si accaniscono sui bambini.

Ma questo si può e si deve accettare, perchè fa parte della vita. Intelligentemente, col tempo, bisogna metabolizzare il dolore e rimboccarsi le maniche. Ed è questo che ha fatto Barbara, con tanto coraggio.

Ciò che invece non si può accettare, è l'abbandono delle istituzioni, l'incuria, i ritardi, il menefreghismo.

Barbara è una mamma abruzzese, territorio già tristemente segnato dal terremoto. Vive a Collecorvino con i suoi tre figli. Purtroppo al più piccolo, viene diagnosticato un grave tumore all'età di due mesi, una sentenza che comporterà per lui un calvario indicibile: lunghissimi periodi di ricovero in ospedale, cicli di chemioterapia a soli undici mesi, tracheotomia a tredici mesi e, come se non bastasse, una tetraparesi sopraggiunta per compressione midollare.

C. ha ora otto anni e grazie al cielo, alla sua famiglia e a quella parte di terapie che hanno funzionato, è vivo. E' bello, ha due occhi che esprimono tutta la sua voglia di vivere e di farcela. La sua vita è però scandita da controlli medici costanti e da attenzioni particolari, dovute all'indebolimento del suo sistema immunitario duramente provato. In sostanza, non può frequentare la scuola: un ambiente così ad alto rischio di contagio per malattie, sarebbe troppo pericoloso per lui.

E dopo il danno, qui comincia anche la beffa.

Esistono delle normative di riferimento che tutelano queste situazioni di emergenza, allo scopo di promuovere la piena integrazione e salvaguardare il diritto sacrosanto e Costituzionale all'istruzione di ogni individuo. Esistono, ma ancora una volta, sono solo sulla carta.

Dal 2005 il bambino è seguito in assistenza domiciliare integrata (A.D.I) da un'equipe della Asl territoriale; la mamma si è subito attivata per richiedere l'istruzione domiciliare.

Qui le prime lacune: la neuropsichiatra della Asl stila un diagnosi funzionale approssimativa, senza conoscerlo e senza effettuare alcun test cognitivo. I genitori presentano la domanda documentata alla scuola di appartenenza, ma l'iter si inceppa in più punti: la scuola non rispetta le scadenze per l'invio del progetto all'Usr... I fondi regionali non ci sono... la maestra di sostegno non è disponibile al servizio domiciliare.

Morale, C. salta il suo primo anno di scuola.

In prima elementare la situazione non migliora, Barbara confida in qualcosa di meglio, ma in realtà troppi sono i piedi che calpestano i diritti di suo figlio. In un solo anno scolastico, cambieranno addirittura cinque insegnanti, in barba al diritto di continuità sancito dalla Legge Quadro sull'Handicap 104/92. E nello stesso modo, non viene considerata l'importanza del rapporto 1:1 (un insegnante su un solo alunno) previsto nei casi gravi. Vi è forse il dubbio che il bimbo possa non rientrare nei casi gravi..? Sarà solo grazie alla buona volontà e alla solidarietà di pochi che il bambino inizierà a conoscere qualche briciola di quella vita che gli spetta: i compagni, gli zaini colmi di colori e di profumi nuovi, la condivisione, la conoscenza...

In seconda elementare la situazione è ancora barcollante, solo ai primi di ottobre arriva un'insegnante di sostegno che però fa parte di un altro organico e non riesce ad effettuare una programmazione con le altre insegnanti, tanto che viene proposto di spostare C. presso la scuola dove opera questa docente. E' una quarta classe, ma non hanno scelta. Si dovranno accontentare di tre misere ore di sostegno a settimana, che verranno successivamente integrate da altre sette dopo il progetto e nemmeno per tutto l'anno scolastico.

Così C. finisce la "sua" scuola ad aprile, due mesi prima degli altri bambini.

Da restare inebetiti. Quante inutili parole vengono scritte e quanto ci sembrano inefficaci queste leggi a tutela, nelle mani di persone incompetenti e maldisposte.

Chi ci tutela dagli errori degli incompenti? E dall'ignoranza?

Chi restituisce l'infanzia a questo bambino?

Mi chiedo se le scuole conoscano a sufficienza questa materia. Troppi sono gli errori di percorso.

Il progetto che dovrebbe tutelare i diritti di C. e degli altri bambini in analoghe situazioni, si chiama "Servizio di istruzione domiciliare" e si attua attraverso le linee guida del Miur.

La Legge a tutela di quelle che sono le basi per attuare la piena integrazione scolastica e non solo, dei soggetti con handicap è la 104/92. Tra gli altri riferimenti importanti, vi sono la Carta Europea dei diritti del bambino in ospedale e varie Circolari Ministeriali, così come sono importantissimi gli Accordi di programma tra i vari enti locali, nel progetto di vita del bambino disabile. Una nota a proposito è la recente C.M. 24/3/2011 - n. 24, dove il Miur comunica la ripartizione di euro 2.950.550 a sostegno e potenziamento di questo settore, per l'anno 2010/2011. Non sono pochi, considerando che tali risorse finanziarie non costituiscono le uniche fonti, in quanto possono concorrere alla realizzazione dei progetti di istruzione domiciliare, in ogni ambito territoriale regionale, anche altri soggetti istituzionali, quali Comuni, Province e Regioni...

Questa storia è una delle tante, segnate dalla mancanza di buon senso, solidarietà globale e professionalità.

Ora Barbara e il suo bimbo sperano che il prossimo anno scolastico si apra con buone nuove e che finalmente gli venga garantita una vita il più possibile adatta alla sua età e che lo liberi dall'emarginazione in cui è stato costretto finora.

Il D.S. della scuola di Collecorvino pare sia riuscito a preparare un progetto per C., dal titolo romanzesco e un pò vago "Una finestra sul mondo"...

A noi sarebbe bastato e piaciuto di più " Un cancello aperto a tutti". Quello della scuola.

Staremo a vedere con i prossimi aggiornamenti sulla vicenda.


(foto da circolodidatticogenovasturla.it)

    15 luglio 2011

    Rendere speciali le scuole normali



    Da una lettera di Don Milani ad un'insegnante, si apre tutta una profonda riflessione sul significato reale dell'integrazione scolastica. Su edscuola.it ho trovato questo articolo, che rigiro a tutti voi. Vale la pena leggerlo tutto, ma ne evidenzio alcuni stralci significativi.

    "Una vera integrazione, se deve sostenere tutti gli alunni, tutti uguali e tutti diversi, deve anche essere sostenuta da tutti. L’integrazione non riguarda solo l’alunno disabile: ciascuno di noi ha bisogno di aiuto e di sostegno, fosse anche solo in certi momenti e in certe occasioni".

    "La nostra Costituzione è basata su principi solidaristici: al fascista "me ne frego", ha sostituito il democratico "I care, me ne occupo, l’altro mi sta a cuore".

    "Compito della scuola è aiutare ogni alunno della classe a sentirsi parte integrante di un gruppo. Le classi non possono essere delle piccole comunità in concorrenza tra loro: devono avvicinarsi l’una all’atra e sentirsi parte di una comunità più ampia... Di questa comunità dovrebbero sentirsi parte tutti, ciascuno con il proprio ruolo e con le proprie mansioni: come un’orchestra in cui ognuno, pur suonando uno strumento diverso, contribuisce alla buona riuscita dell’esecuzione del brano musicale. Il senso di appartenenza a una comunità può rompere, e di fatto rompe, ogni barriera".

    "A scuola l’integrazione deve prevedere:

    - un coinvolgimento di tutti gli insegnanti e di tutti gli operatori scolastici, evitando di delegare tutte le responsabilità all’insegnante di sostegno e usufruendo in modo collaborativi e integrato delle sue competenze specifiche;

    - una filosofia dell’integrazione che diventi cultura e modo di essere nel quotidiano, un substratum per integrare tutte le diversità;

    - una modalità di approccio che non sia centrata solo sugli obiettivi (i programmi), ma anche sulle relazioni (gli aspetti affettivi): in questo contesto si colloca in modo particolare il ruolo del personale non docente;

    - Il passaggio da un modo chiuso di intendere la scuola, come istituzione volta prevalentemente a fare apprendere determinate materie, a uno aperto in cui tutto sia, in un certo senso, scuola;

    - un approccio il più possibile individualizzato;

    - un equilibrio e un senso della misura nel fornire quel sostegno necessario con intensità, frequenza e durata commisurate al bisogno di ciascun alunno (e non solo dell’allievo con disabilità);

    - il potenziamento delle risorse residue o esistenti in ciascuno (da parte degli insegnanti e degli operatori che collaboreranno);

    - la coerenza degli interventi da stabilire non solo in sede di Collegio dei docenti, ma anche in riunioni con i non docenti: lavoro in gruppo e lavoro di gruppo;

    - il perseguimento dell’autonomia dei soggetti da educare.

    Una progettualità di questo tipo non si improvvisa: rimane un punto di partenza, non di arrivo.

    Un punto di arrivo è un obiettivo, non un sogno".

    "Non è l’individuo a doversi adattare alla scuola – quasi che questa fosse una divinità e non una semplice istituzione finalizzata a promuovere la crescita individuale, ma è la scuola che deve adattarsi all’individuo".

    "Lo slogan Prima riabilitare per poi inserire viene ribaltato: Inserire per riabilitare. Se a parlare si impara parlando e a scrivere scrivendo, a stare con gli altri si impara stando con gli altri. Il contatto con i normali, con modelli comportamentali positivi, produce miglioramenti di per sé.

    Occorre dunque creare le condizioni affinché l’alunno disabile possa frequentare positivamente la stessa classe dei suoi coetanei".

    "Quando gli insegnanti dell’ordine di scuola successivo si lamentano del fatto che gli alunni appena arrivati non hanno le basi per svolgere il programma della scuola in cui essi operano, invece di lamentarsi sul muro del pianto, dovrebbero inserire nel loro programma il raggiungimento di quegli obiettivi che l’istituzione scolastica di livello antecedente non è stata in grado di perseguire. Altrimenti è la scuola del programma, non della programmazione. In definitiva – i termini più tecnici - se i prerequisiti non ci sono, occorre perseguirli.

    Per fare questo i prerequisiti devono diventare obiettivi".

    "L’autonomia di cui godono oggi le scuole consente a esse di fare leva ancora di più su una politica di programmazione conforme allo spirito del PEI: programmare significa stabilire gli obiettivi dell’apprendimento e dello sviluppo personale, rapportare gli obiettivi alle capacità personali di tutti e di ciascuno, valutare che l’obiettivo sia effettivamente raggiunto e, se necessario, modificare quanto previsto in modo ancora più mirato".

    "Lo slogan degli anni Settanta "Rendere speciali le scuole normali" conserva ancora una sua validità".

    11 luglio 2011

    La scuola degli orrori


    Non a caso l'immagine provocatoria scelta per questo post è la locandina di un film horror del 1987. La scuola dovrebbe essere un luogo meraviglioso, dove si entra per iniziare il proprio viaggio verso la vita. La scuola dovrebbe essere "accoglienza" nel senso più pieno del termine, due braccia pronte ad aprirsi verso quei piccoli individui indifesi, inconsapevoli e ancora tutti da formare. La scuola, culla della cultura e promotrice dei sani principi. La scuola, protettrice delle diversità. La scuola...
    La realtà è tristemente diversa e non è più possibile appigliarsi a quelli che sono ormai dei vuoti luoghi comuni.
    Sono troppe le vicende gravi che hanno come sfondo l'istituzione scolastica e spaventosa l'omertà che protegge i colpevoli di tali reati. Bambini picchiati, torturati, seviziati, spogliati e messi alla gogna dei compagni, rinchiusi nei ripostigli bui. Bambini e ragazzi disabili traditi da chi dovrebbe sostenerli. 
    Nel migliore dei casi, vittime di incompetenza, di mancata assistenza.
    Sconcertante è il fatto che spesso questi pseudo educatori, compresi anche quei dirigenti che approfittano della propria carica per farsi le leggi da sè, possano continuare a lavorare. Vergognoso è che di fronte alle video registrazioni e alle testimonianze stesse dei bambini, non venga immediatamente data una punizione esemplare!
    Fatelo per salvaguardare i bambini indifesi e fatelo per la scuola stessa, soffocata da soprusi e discriminazioni. Fatelo per i genitori, che possano tornare a sperare di poter lasciare i propri figli "in buone mani". Fatelo per la categoria degli insegnanti, quelli "normali".
    Si, quelli normali, qui non si parla più di bravura, di capacità di insegnamento. 
    Qui inizia ad essere necessaria, come prima qualità per poter accedere alla professione di docente, la "normalità". Questo genere di professioni richiedono l'esigenza di testare la salute mentale e psichica dei futuri insegnanti, prima di concedere l'abilitazione: certi comportamenti disumani non sono spiegabili se non con la patologia mentale preesistente. Oppure con una lucida crudeltà che esula dai normali esseri umani. E allora, che le scuole e gli istituti che ospitano bambini indifesi siano anche dotati di telecamere! Quale privacy si dovrebbe tutelare, quella dei mostri?
    Perchè i mostri esistono, ora quei bimbi lo sanno. Esistono Barbablù, l'Orco, la Strega Cattiva e l'Uomo Nero. E sono pronti ad ingoiarli, proprio dietro al cancello della scuola degli orrori.


    (immagine da cinemastore.it)

    9 luglio 2011

    Risarcimento ai genitori di alunni disabili, nel rispetto dei diritti dei più deboli



    Complimenti al TAR di Sardegna. Con una ventina di sentenze in blocco (e pare non siano finite qui), ha riconosciuto il risarcimento ai genitori di alunni disabili, ai quali erano state diminuite le ore di sostegno scolastico: 3.500 euro a famiglia. Sotto accusa i tagli alla scuola e il mancato rispetto del rapporto "un insegnante per un solo alunno" essenziale alla messa in atto del diritto all'integrazione scolastica e all'istruzione. Il TAR, con questo gesto eclatante, sottolinea i danni che la "diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalita' del minore, privato del supporto necessario, per la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita "normale".
    Stiamo parlando di diritto costituzionale e internazionale. Tutto questo ci conforta, senza purtroppo esultare... Non dimentichiamo che l'esordio della manovra economica recentemente pubblicata, non sembra voler aiutare la causa. Poi dicono che vogliono far risparmiare soldi e tempo...
    Hai voglia a cause legali, con certi presupposti!

    (immagine by c.orecchini)

    Utopia di piena estate: la sedia a rotelle con sedile e schienale anti-calura


    La sedia a rotelle è per molte patologie, un elemento essenziale per poter vivere con un minimo di autonomia. Diventa una parte del corpo, una estensione. Considerandola tale, dovrebbe essere necessariamente adattabile alle diverse situazioni di vita: se normalmente una persona si sdraia per riposare la schiena, chi vive su una sedia a rotelle dovrebbe poterlo anche fare: mio figlio torna distrutto dopo sei ore di scuola dove non gli è possibile cambiare posizione e dove sarebbe un sollievo poter tirare giù lo schienale, ogni tanto... Dopo due ore è praticamente deconcentrato dallo stress della posizione fissa. Basterebbe dotarle di schienale reclinabile, per permettere di poter agevolmente sdraiare la schiena al bisogno.

    E ancora, se una persona normalmente d'estate sente caldo e si "alleggerisce", anche la sedia a rotelle dovrebbe essere concepita per poter essere alleggerita, evitando così di surriscaldare le povere schiene e le povere terga di chi vi è costretto sopra. Invece no. Arriva l'estate e i familiari iniziano a combattere contro il caldo, ingegnandosi con i rimedi più svariati, dai teli di copertura alle scatole refrigeranti... Tutto questo non risolve il problema e i poveri malcapitati sono costretti all'ennesima sopportazione. Esistono sedie sofisticate a prezzi astronomici e inaccessibili, che nonostante tutto non credo abbiamo queste semplici opzioni. Chi progetta per i disabili, in realtà non prende in considerazione le necessità più importanti e i prodotti "basic", quelli prescrivibili per intenderci, sono ridotti all'osso, in quanto a tecnologia. Basterebbe dotare una sedia di ricambi estivi, per esempio, una seduta e uno schienale intercambiabili con la precisa funzione di non far annegare nel sudore queste persone. Basterebbe smettere di togliere risorse alla disabilità, per cominciare,

    Questi sono solo degli esempi. Questi sono gli eroi silenziosi, combattenti nella trincea di una vita pianificata dalla società del menefreghismo, dell'opportunismo, della manipolazione. Eroi che si prendono sulle spalle le stangate di un governo che continua ad attingere dove non vi è più nulla, dove anche il poco ottenuto viene risucchiato nel vortice di interessi che a tutto guardano, fuorchè al popolo e ancor meno alle fasce più deboli.


    (foto http://it.123rf.com/)

    2 luglio 2011

    Le balle della Gelmini e la disabilità. Ovvero quando la propaganda di regime diventa crudele





    Pubblico di seguito la nota di "ReteScuole", assolutamente da leggere:

    "Dal 13 marzo, ossia dall’intervista alla Gelmini alla trasmissione “Che tempo che fa”, è ormai trascorsa una settimana, eppure non si placano, anche sul nostro sito, i commenti, per lo più indignati, alle frasi pronunciate dalla ministra dell’istruzione.
    Per certi versi lo scalpore destato è sorprendente, perché tra le cose dette è difficile trovare qualcosa di nuovo. Non sorprende, invece, la pervicacia dimostrata dalla ministra nel ripetere sempre gli stessi slogan, praticamente senza alcuna variante, nemmeno nell’inflessione di voce, quasi come se la sua capacità recitativa sia giunta a un livello di saturazione. Dobbiamo tener conto che questo tipo di propaganda conta proprio sulla ripetitività e non ambisce a fare breccia tra chi frequenta un blog come quello di Retescuole, ma ha tristemente successo tra chi “vuole crederci” e vuole trovare conforto alla propria alienazione nel disprezzo delle altre categorie. Gli slogan di regime, inoltre, non hanno alcun bisogno di basarsi sulla verità, perché anche in quei rari casi nei quali le menzogne vengono pubblicamente smascherate, la smentita giunge con molta meno forza della balla gridata a squarciagola.
    Prendiamo, a titolo d’esempio, l’affermazione: “Ci sono più bidelli che carabinieri”, che pure ha tanto indignato. Bene: è un cavallo di battaglia della Gelmini da sempre, o almeno da quando ha letto il titolo a caratteri cubitali sulla prima pagina di Libero (era il 23 settembre del 2008), che a sua volta l’aveva copiato dal Giornale on-line di sei mesi prima (17 marzo). Sappiamo che si tratta di una notizia priva di significato perché non ha nessun senso mettere a confronto dati non omogenei (nelle nostre tasche ci sono più acari che soldi, ma ciò non ci arricchisce), ma la propaganda sembra avere bisogno oggi più che mai delle mezze verità (o verità fuorvianti), mescolate alle menzogne per giustificare l’ingiustificabile.
    Un classico esempio di mezza verità è contenuta nell’affermazione “nessun lavoratore verrà licenziato”, perché vero è che a chi è di ruolo non si può (ancora) togliere il posto di lavoro, ma altrettanto vero è che a decine di migliaia di precari, che il più delle volte hanno già superato selezioni e corsi previsti per svolgere il proprio lavoro, non è stato più rinnovato il proprio contratto o non lo sarà a partire dal prossimo anno. Per questo esercito di lavoratori, e per le loro famiglie, poco cambia tra l’esser licenziati o non riassunti, quello che è certo è che perdono un posto di lavoro che credevano, da anni, di aver faticosamente meritato.
    Ciò che forse ha più indignato, dell’ultima intervista alla ministra dell’istruzione, è che mai prima di allora aveva sciorinato, con tanta supponenza e tutto insieme, l’intero campionario di slogan propagandistici. Alla categoria delle balle spudorate appartengono, ad esempio, le affermazioni secondo le quali il 30% dei tagli sia stato re-investito sul merito, quella sulla base della quale oggi vi sarebbero 3500 insegnanti di sostegno in più dello scorso anno e l’aver negato la sentenza di condanna contro il suo ministero per discriminazione nei confronti di alunni/e con disabilità.
    A ben vedere è stato proprio in relazione al problema del sostegno alla disabilità che la Gelmini ha superato se stessa, segnando un salto di qualità nella sua campagna di disinformazione e denigrazione. Passi per il fatto che spaccia 3500 immissioni in ruolo per 3500 insegnanti in più, cioè per il fatto che dimentichi di dire che quegli insegnanti e quelle insegnanti c’erano già lo scorso anno, solo che erano ancora precari. Passi pure che neghi una sentenza per lei più che imbarazzante: il Tribunale di Milano – I sezione – lo scorso 10 gennaio ha infatti condannato il Ministero dell’Istruzione “per condotta discriminatoria” nei confronti di alcuni ragazze e ragazzi con disabilità e le loro famiglie, imponendo il pagamento delle spese processuali e il ripristino delle ore di sostegno già previste per l’anno precedente.
    Ciò che risulta per nulla tollerabile è l’affermazione dalla ministra in relazione a questo punto ad intervista quasi conclusa, che riportiamo testualmente: “…è un problema di distribuzione degli insegnanti di sostegno e, qualche volta, di eccessiva superficialità nel riconoscere, in alcune regioni, disabilità che non esistono. Per cui qualcuno ha l’insegnante di sostegno non avendo di fatto bisogno dell’insegnante di sostegno e qualcun altro resta senza perché qualcun altro ha fatto il furbo.”

    1 luglio 2011

    Il sogno delle palestre integrate anche per le disabilità


    I bambini in età scolare, specialmente a partire dai 5/6 anni, iniziano a manifestare il desiderio di praticare uno sport. E' una cosa molto comune, perchè al di là dei benefici fisici, permette ai ragazzi di stare insieme anche fuori dalla scuola e di sentirsi parte di una squadra a tutti gli effetti. Presto detto, presto fatto: le mamme provvedono a segnare i propri figli presso le associazioni sportive più adatte e frequentate dagli altri amici.
    Bello... Basta decidere e farlo, c'è un mondo a disposizione. Ma non è la stessa cosa quando si tratti di un bambino o ragazzo con disabilità, ancor di più se motorie. Non esistono palestre integrate per queste possibilità, a testimonianza di una evidente carenza e del totale disinteresse rispetto ad una fetta di popolazione che "c'è".
    Mio figlio, ad un certo momento della sua vita, mi chiede di poter fare uno sport come tutti i suoi amici ed io inizio a fare le mie ricerche e tutta una serie di telefonate. Ovviamente escludendo quegli sport che richiedono un'abilità motoria particolare o l'uso delle gambe. Quello che si può fare, rientra in queste discipline: tiro con l'arco, scherma, nuoto, tennis tavolo, basket, hockey e tennis in carrozzina. In una città come Roma ci sono tre o quattro centri dove è possibile praticare alcuni di questi sport. Ad esempio il wheelchair tennis, il nuoto, l'hockey su carrozzina o il basket, ma effettivamente la scelta è troppo ristretta e se non abiti in una zona adiacente, è impossibile impegnarsi in stressanti tragitti nel traffico romano. Eppoi è comunque preclusa la possibilità di frequentare il proprio circolo di amici...
    Le cose che sembrano più semplici, in realtà corrispondono a quelle più utopistiche.
    Eppure, che bello sarebbe se tutte le palestre, i centri sportivi, si adeguassero al fatto che esistano anche utenti diversamente abili e che sarebbe fantastico potessero gioire del loro sport preferito insieme a tutti gli altri... come gli altri ragazzi della loro età.
    Perchè no?
    Che bella l'integrazione. Se ci fosse davvero.
    Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...